Sapere è potere!

Sapere è potere!

Autore: Carina Sabau

Sapere è potere!

“Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito. L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace”.

In base alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, emerge chiaramente l’importanza del quarto Global Goal promosso dall’ONU, fondato sul proposito di “fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”. L’istruzione è uno degli strumenti fondamentali per il miglioramento della qualità di vita dei cittadini ed è ciò che permette il raggiungimento di un’equità sociale, in un periodo in cui il gender gap è sempre più rimarcato. Il non ricevere un’educazione adeguata, inoltre, significa esporre la generazioni più giovani al lavoro minorile, ai matrimoni precoci o a ulteriori forme di abuso che causano il rafforzamento di quel ciclo di indigenza dal quale è difficile uscire. 

Se, a livello teorico, i criteri esposti nel presente Obiettivo sono stati delineati in modo tale da rimuovere le maggiori problematiche che affliggono la scena globale, a livello della loro concreta realizzazione ci sono non poche difficoltà che costituiscono una barriera quasi insormontabile. Infatti, gli sforzi attuati fino ad oggi non sono bastati, poiché ci sono ancora innumerevoli bambini e bambine che non hanno la possibilità né di accedere a un’educazione scolastica né di completare il ciclo di istruzione di base e, spesso, tale condizione rispecchia la realtà sociopolitica in cui vivono.

Gli SDGs (Sustainable Development Goals) puntano  all’aumento della qualità dell’istruzione, tentando di eliminare le disuguaglianze entro il 2030; tuttavia sussistono fin troppe disparità, specie tra le aree urbane e quelle rurali, che non permettono una reale partecipazione attiva alla vita sociale o l’accesso ai servizi primari che uno Stato può offrire.

I Paesi in via di sviluppo sono quelli che maggiormente necessitano di un sostegno economico per poter garantire il potenziamento dell’infrastruttura scolastica. Tra questi si possono citare le realtà dell’Africa subsahariana e dell’Asia meridionale caratterizzate da situazioni precarie a causa dell’eterogeneità delle classi sociali, comprendenti indigeni, bambini e bambine rifugiati, famiglie povere che vivono – o sopravvivono – in zone rurali. 

Una delle maggiori cause per il rallentamento dello sviluppo educativo è sicuramente la povertà di un paese, ad esempio nelle zone rurali dell’Africa subsahariana, in cui un terzo della popolazione vive in condizioni di povertà assoluta, risultando uno dei dati più alti al mondo. Tuttavia, nell’epoca in cui stiamo vivendo, un ulteriore fattore che ha contribuito al rallentamento dello sviluppo delle strutture scolastiche è stato il COVID-19 che, sia nei paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo, ha provocato gravi ripercussioni sulla popolazione mondiale, inclusi gli studenti e le studentesse costretti all’isolamento domestico e all’adozione della didattica a distanza (DAD). Tale scelta di formazione scolastica ha privato tutta la categoria studentesca dell’attiva partecipazione alle lezioni e della possibilità di continuare a coltivare le proprie interazioni sociali, causando non pochi squilibri anche sulla sfera psicologica.

Sulla base delle statistiche riportate dall’organizzazione Save the Children, è stato stimato che, nel mondo, siano stati persi 112 miliardi di giorni dedicati all’istruzione e, come facilmente intuibile, siano stati i bambini e le bambine appartenenti alle zone rurali con alle spalle condizioni familiari precarie a subire le peggiori conseguenze sull’istruzione e, pertanto, sul loro futuro. Inoltre, a causa delle necessità tecnologiche per poter svolgere le lezioni in modalità DAD, il divario tra le famiglie più benestanti e quelle più bisognose è stato notevolmente rimarcato a causa della mancata possibilità da parte di tutte le classi sociali di affrontare economicamente una tale spesa. Risulta che 

“i minori in America Latina, nei Caraibi e nell’Asia meridionale hanno perso quasi il triplo dell’istruzione dei coetanei dell’Europa occidentale. Molti giovani potrebbero non tornare mai più a scuola: le cause maggiori sono, da un lato, l’aumento del lavoro, dall’altro, l’ondata di matrimoni precoci che coinvolge soprattutto le ragazze”. 

Riflettendo sull’attuale situazione del continente africano, in particolare sulle zone rurali, la mancanza di un’infrastruttura tecnologica ha ampliato le problematiche educative e sociali; infatti, la maggior parte della popolazione africana è ancora estranea all’utilizzo del web e, in un mondo ormai dominato dalla rete sociale, diventa quasi indispensabile la sua esistenza per la comunicazione e la divulgazione delle informazioni. La tematica dell’equa istruzione deve quindi garantire l’accesso a questi benefici, non limitando l’incremento alla sola sfera tradizionale di apprendimento, basata esclusivamente sulla scrittura e lettura. 

Il resto del mondo, però, non è rimasto a guardare impassibile mentre i paesi in via di sviluppo, e non solo, stavano sprofondando in una situazione fallimentare. In particolare, l’UNESCO ha avviato, nel 2020, la Global Education Coalition con l’obiettivo di coinvolgere i 175 Governi per intensificare gli aiuti destinati ai vari paesi per potenziare la modalità della DAD. Tale Coalizione, oltre alle motivazioni precedentemente esposte, è stata introdotta anche per assicurare che le graduali riaperture scolastiche avvenissero sui principi dell’inclusione, dell’equità e della parità di genere. 

Rispetto ai contesti sopracitati, differente è la situazione dell’Europa, considerata la zona più avanzata rispetto a tutti gli Obiettivi, in particolare per quanto riguarda l’adempimento dei criteri del quarto Goal. Ciò è dovuto sicuramente alla riduzione dell’abbandono scolastico e all’aumento della percentuale dei laureati. Ma, analizzando singolarmente la crescita dei vari Paesi europei, si registrano ampi divari territoriali in cui la Svezia risulta essere la migliore nel campo dell’istruzione, mentre la Romania la peggiore. Il Portogallo, invece, è il paese che ha maggiormente incrementato il proprio sviluppo.

E l’Italia? Purtroppo, il Bel Paese mostra una situazione più critica, soprattutto a causa della minore percentuale di laureati rispetto alla media europea e per il maggiore tasso di persone che non possiedono un diploma. Inoltre, il COVID-19 ha contribuito a peggiorare una situazione già di per sé instabile e, anche in questo caso, il Governo ha deciso di intraprendere due linee d’azione: la prima riguardante la sfera psicologica e cognitiva, per evitare che i soggetti più fragili, ma in generale la categoria studentesca, non subissero ulteriori effetti dannosi dovuti alla pandemia; la seconda si focalizza sulla rimozione di quei metodi strutturali che rallentano la crescita della qualità dell’istruzione, apportando miglioramenti soprattutto sulla formazione dei docenti affinché siano in grado di garantire una didattica più inclusiva, varia e personalizzata. Inoltre, nel tentativo di sanare le disparità sociali in merito alla DAD, il Governo ha stanziato dei fondi per l’acquisizione di dotazioni digitali da elargire alle famiglie più in difficoltà e per fronteggiare con misure specifiche i divari territoriali in termini di qualità dell’istruzione, finanziando corsi di preparazione nelle scuole che presentano livelli critici per l’ingresso alle università. 

Come è stato possibile osservare, lo sviluppo dell’istruzione e del conseguente rendimento scolastico non è totalmente omogeneo a livello globale, ma risulta essere fragile e variabile. Sebbene gli esempi riportati illustrino una situazione delicata e complessa, si possono comunque registrare, in un quadro generale, dei risultati positivi.

A livello mondiale, è stata raggiunta l’uguaglianza tra bambine e bambini nell’istruzione primaria, tuttavia fin troppi pochi paesi sono riusciti a conseguire tale traguardo su tutti i livelli educativi. Sono stati indubbiamente compiuti enormi progressi per l’accesso all’istruzione, soprattutto per la fascia delle donne e ragazze, e per l’alfabetizzazione di base che ha subito un notevole passo avanti nella scena globale. Investire economicamente sullo sviluppo dell’infrastruttura scolastica non è un atto fine a sé stesso, poiché tutti i Global Goals sono connessi l’uno con l’altro; un adeguato sistema scolastico incentiva studenti e studentesse a un maggiore coinvolgimento sociale o allo sviluppo di una sensibilità nei confronti di tematiche attuali come il cambiamento climatico. 

Certamente l’impegno degli Stati nel potenziare un’istruzione di qualità è concreto, a fronte anche dei risultati ottenuti, eppure, risulta tutt’ora evidente la necessità di intensificare gli sforzi e gli investimenti per permettere un’omogeneità educativa globale e donare nuovi strumenti alle future generazioni. Per incentivare un cambiamento radicale in tutti gli ambiti occorre puntare sulla cultura, in quanto “sapere è potere”. È per merito della conoscenza che si può promuovere lo sviluppo sostenibile, una maggiore consapevolezza dei diritti umani, dell’uguaglianza di genere o della valorizzazione di culture diverse. 

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Una crescita nel segno della sostenibilità, il turismo sostenibile e le sue varie declinazioni

Una crescita nel segno della sostenibilità, il turismo sostenibile e le sue varie declinazioni

Autore: Bianca Ciceri

Il concetto di sviluppo sostenibile si fa strada, a livello mondiale, a partire dagli anni ‘70.

Nel 1987 la Commissione Brundtland (successivamente World Commission on Environment and Development) ne introduce una prima definizione ad oggi riconosciuta a livello universale:

Lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto un processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali”. 

In questo contesto il settore turistico sembra accogliere l’invito a tale processo di cambiamento. In base alla definizione proposta dal UNWTO (Organizzazione Mondiale del Turismo) il turismo sostenibile è ciò che soddisfa i bisogni dei viaggiatori e dei territori ospitanti e allo stesso tempo protegge e migliora le opportunità per il futuro”.

Inoltre, nel quadro dell’Agenda 2030, il turismo sostenibile viene inserito tra le righe dei 17 Obiettivi e viene proposto come un’efficace alternativa a quello tradizionale.

Per un futuro e una crescita sostenibile

Questi cambiamenti hanno portato all’elaborazione di diverse forme di turismo sostenibile incentrate sul rispetto dell’ambiente, delle sue risorse e della cultura delle popolazioni locali. Ogni declinazione privilegia lo sviluppo di un determinato aspetto. Ne ricordo le principali:

  • ecoturismo: sostiene la protezione delle aree naturali e ha tra i suoi obiettivi il miglioramento degli standard di vita della popolazione locale e la dimensione educativa rispetto alla questione ecologica;

  • turismo di comunità: combina gli obiettivi di uno sviluppo turistico equilibrato con una sensibilità per le questioni ecologiche. Il concetto di sviluppo sostenibile viene qui utilizzato per migliorare la qualità della vita dei residenti preservando il paesaggio naturale e antropico;

  • turismo culturale: promuove la protezione e la conoscenza sia del patrimonio naturale sia di quello culturale.

Ecoturismo

L’ecoturismo, soprattutto per i Paesi in via di sviluppo, rappresenta una grande opportunità di crescita nel segno della sostenibilità. Rientrano in questa categoria diverse attività. In particolare quelle incentrate sull’apprezzamento della natura e della cultura locale, che propongono un’educazione sia rispetto alle tematiche ambientali sia nei confronti del patrimonio culturale locale e supportano il mantenimento delle aree naturali utilizzate come attrazioni ecoturistiche.

Ecoturismo

L’ecoturismo, soprattutto per i Paesi in via di sviluppo, rappresenta una grande opportunità di crescita nel segno della sostenibilità. Rientrano in questa categoria diverse attività. In particolare quelle incentrate sull’apprezzamento della natura e della cultura locale, che propongono un’educazione sia rispetto alle tematiche ambientali sia nei confronti del

Auroville: un “progetto di basilare importanza per il futuro dell’umanità”

Un esempio vincente di ecoturismo è rappresentato da Auroville, un villaggio nei pressi di Pondicherry, nell’India meridionale. Alla fine degli anni ‘60 un gruppo di hippy, provenienti da diverse parti del mondo, sotto la guida di Mirra Alfassa (detta “La Mère”), ha dato vita a uno degli ecovillaggi più grandi al mondo.

Occorre ripercorrere brevemente la sua storia per comprendere come un deserto di terra rossa sia stato trasformato in uno dei più grandi ecovillaggi al mondo, fondato su una vita priva di denaro, governo e religione.

La nascita di Auroville è il frutto dell’incontro tra due personalità certamente rilevanti nel panorama filosofico dell’India di inizio ‘900: Mirra Alfassa e Aurobindo Akroyd Ghosh. Il loro incontro avvenne il 29 marzo 1914; in quell’anno, infatti, La Mère si recò a Pondicherry dove conobbe Aurobindo, identificandolo come proprio maestro spirituale. Dopo la morte di Aurobindo, nel 1950, La Mère iniziò a sognare la città di Auroville, un luogo nel quale mettere in pratica gli insegnamenti di Sri Aurobindo e attraverso i quali far evolvere l’Uomo e l’Unità nella sua diversità.

Auroville vuole essere una città universale in cui donne e uomini di tutti i paesi siano in grado di vivere in pace e in crescente armonia, al di là di tutte le credenze religiose, di tutte le idee politiche e di tutte le nazionalità: lo scopo di Auroville è quello di realizzare l’unità umana”. 

Questa fu la prima dichiarazione pubblica annunciata dalla Mère nel 1965.

L’anno seguente il progetto fu presentato all’Assemblea Generale dell’UNESCO che l’approvò all’unanimità, definendolo, alcuni anni dopo, come “un progetto di basilare importanza per il futuro dell’umanità”.

Il 28 febbraio 1968 i rappresentanti di 124 nazioni si riunirono portando con sé un pugno di terra della propria patria, da mescolare in un’urna collocata al centro dell’Anfiteatro, in segno del loro appoggio alla creazione del villaggio.

La città, costruita dall’architetto francese Roger Anger, presenta  una disposizione “a galassia”: dal centro si propaga una spirale nella quale sorgono le varie costruzioni che compongono il villaggio. Il centro è rappresentato dall’Anfiteatro nel quale si trova il Matrimandir, una delle più imponenti costruzioni di Auroville, una grande sfera composta da dischi dorati che riflettono la luce solare. Al di fuori della parte centrale si trovano l’area Industriale (a Nord), l’area Culturale (a Est), l’area Residenziale (a Sud) e infine l’area Internazionale (a Ovest). Questi settori sono circondati da una Cintura Verde (Green Belt).

Auroville si estende su un’area fortemente colpita dalla deforestazione. Per questo motivo è stata necessaria una grande opera di restauro ecologico che ha permesso sia il ritorno della biodiversità sia la creazione di un habitat adatto alla comunità locale. Da allora, più di 2 milioni di alberi sono stati piantati.

A lato di questo lavoro si è sempre mantenuta un’enfasi verso lo sviluppo della città e delle aree circostanti usando, per quanto possibile, delle appropriate tecnologie ecologiche e sistemi di produzione di energie rinnovabili.”. 

Oggi Auroville conta circa 3000 residenti provenienti da diverse parti del mondo e impegnati in vari settori: energie rinnovabili, agricoltura e silvicoltura, educazione, assistenza sanitaria, elettronica, costruzioni, commercio, arte, amministrazione e rapporto coi villaggi limitrofi. 

La struttura di Auroville non è gerarchica, bensì fondata su una condivisione delle scelte. La Residents Assembly, formata da tutti gli abitanti maggiorenni, si riunisce prendendo decisioni basate sul consenso dei presenti. Questo atteggiamento di condivisione e fiducia si ripresenta anche per quanto riguarda la gestione delle risorse monetarie, gestite tramite un fondo comune. Il fondo comune (Central Fund) prevede un versamento mensile di 3000 rupie (50 euro), necessarie per finanziare i progetti della comunità; in cambio ogni abitante riceve un maintenance di circa 3500 rupie (60 euro) che può utilizzare per le spese essenziali; mentre l’assistenza sanitaria, l’educazione e le varie attività ludiche sono completamente gratuite.

Inoltre, nell’ottica di un turismo sostenibile, i vari operatori si impegnano nella promozione di attività nel rispetto dell’ambiente e attraverso il coinvolgimento della popolazione locale in relazione agli impatti e ai benefici che questo tipo di turismo può offrire.

Come accennato in precedenza, una delle peculiarità dell’ecoturismo è la promozione di attività in contatto con la natura, al fine di conoscerla e apprezzarla. Queste attività permettono al turista di scoprire la vera essenza del luogo e nel contempo contribuire alla sua conservazione sia dal punto di vista naturale sia culturale, senza alterarne tuttavia la struttura fisica bensì entrando in relazione con essa. Auroville offre molteplici esempi in questo senso: visite guidate alla scoperta della città, apprendimento itinerante attraverso attività quali la fotografia e la botanica e diffusione di brochure per conoscere la natura, la storia e la cultura del luogo. 

La sensibilità e la consapevolezza ambientale che vengono praticate ad Auroville stimolano la curiosità del turista e lo coinvolgono pienamente anche da un punto di vista formativo. Auroville tutela e valorizza la sua identità e la sua storia accogliendo coloro che sono disposti a conoscerla e preservarla nel rispetto della Terra e delle sue risorse, dando vita, in questo modo, a un maggiore scambio interculturale.

Fonte: Fratocchi L. (A.A. 2014-2015), Corso di Laurea in Relazioni Internazionali, L’ecoturismo: paradigma di sviluppo per i Paesi in via di sviluppo, Luiss Guido Carli Libera Università Internazionale degli Studi Sociali, Roma

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Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età

Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età

Autore: Bianca Ciceri

Al fine di raggiungere uno sviluppo sostenibile è necessario “assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età”. Su queste premesse è strutturato il terzo Obiettivo dell’Agenda ONU 2030.

“Proteggere la salute materna e quella infantile, porre fine alle epidemie di malattie trasmissibili e al disagio mentale, combattere le conseguenze di fumo, alcol e sostanze stupefacenti, consentire a tutti l’accesso ai servizi essenziali di assistenza sanitaria e la disponibilità di farmaci di base e vaccini” (fonte)

Sono senz’altro obiettivi ambiziosi che, con l’anno segnato dal Covid-19, hanno assunto un carattere particolare rendendo ancora più evidente la necessità di sistemi sanitari accessibili atti a garantire, a livello universale, il diritto alla salute.

É indubbio che negli ultimi anni siano stati fatti grandi progressi nel campo della sanità, ma è altrettanto innegabile il divario, ancora presente, tra Paesi ricchi e Paesi poveri.

Mentre per i Paesi occidentali l’aspettativa di vita ha subito un rilevante incremento — nell’età preindustriale si aggirava attorno ai 30 anni e arriva oggi a 72 — questo dato rimane ancora molto basso nei Paesi poveri dimostrando, ancora una volta, la necessità di condizioni di salute e benessere che si possano realmente definire universali. Questo gap si registra in particolare in riferimento ai primi due Traguardi (target) associati all’Obiettivo 3, salute infantile e salute materna. Per quanto concerne la salute infantile

“basti pensare che i bambini nati in condizioni di estrema povertà hanno quasi il doppio delle probabilità di non sopravvivere oltre il quinto anno d’età, rispetto ai bambini nati in famiglie benestanti”. (fonte)

Ancor più preoccupante è il tasso di mortalità maternache, sebbene nei Paesi sviluppati risulti diminuito del 50% dal 1990, rimane 14 volte maggiore nei Paesi in via di sviluppo.

Anche i dati relativi all’esposizione al contagio di malattie infettive, come la malaria, mostrano questa profonda disuguaglianza.

La crisi generata dalla pandemia ha intensificato ulteriormente questo divario, basti pensare alla distribuzione dei vaccini nei diversi Paesi, rendendo evidente la necessità di introdurre elementi di innovazione culturale e gestionale nel campo della sanità.

Un’unica salute: l’approccio One Health

«La Pandemia del 2020 ci ha scossi come una tempesta… L’unica strada che abbiamo per non ricaderci mai più è quella della prevenzione: riusciremo a percorrerla solo con la consapevolezza che viviamo all’interno di un sistema circolare e integrato di cui fanno parte persone, animali, piante e in generale l’ambiente in cui tutti siamo immersi». (Ilaria Capua)

In particolare vi è l’urgenza di adottare un programma unitario e onnicomprensivo in cui la salute sia considerata come un sistema circolare e integrato, in cui vi è un’unica salute (One Health) per animali, uomini e ambiente. Il modello One Health propone un approccio olistico nel quale la salute viene trattata in un’ottica interdisciplinare.

Il termine One Health viene introdotto per la prima volta nel 2004 a seguito della conferenza “One World, One Health: Building Interdisciplinary Bridges to Health in a Globalized World organizzata dalla Wildlife Conservation Society (WCS). Da quel momento tale idea fu adottata da diverse istituzioni fino alla creazione, nel 2009, della One Health Commission (OHC), un’organizzazione il cui obiettivo è il miglioramento della salute umana, animale e ambientale attraverso un’intensa attività di cooperazione internazionale.

Nonostante la sua recente introduzione la cultura One Health si può già trovare in diversi documenti ufficiali proposti nel corso degli ultimi 40 anni dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità):

  • La dichiarazione di Alma Ata del 1978
  • La carta di Ottawa del 1986
  • Salute 2020 del 2012 
  • Dichiarazione di Shanghai del 2016

Malgrado il riconoscimento da parte dell’OMS, queste raccomandazioni raramente sono state prese in considerazione, incentivando così il perdurare, nel campo della salute, di una governance sempre più debole. 

Il modello One Health chiarisce la relazione tra la salute umana, animale e ambientale e rende evidente il contributo degli esseri umani alla nascita della pandemia. Le varie attività umane che mettono a rischio la biodiversità — deforestazione, cambiamenti nell’uso del territorio, agricoltura e allevamenti intensivi, commercio e consumo di animali selvatici — hanno infatti incentivato il passaggio di agenti patogeni dagli animali agli esseri umani. Tra queste la deforestazione è una delle principali cause che danno vita al fenomeno della zoonosi — il passaggio di malattie dagli animali agli uomini— poiché nelle aree deforestate varie specie di animali selvatici entrano in contatto con la specie umana “rappresentando così un potenziale hotspot di diffusione di virus e malattie […] Quindi, tutte le volte che distruggiamo gli ecosistemi ci esponiamo a nuovi virus perché creiamo condizioni straordinarie di proliferazione”. 

L’approccio che propone questo nuovo modello ha l’obiettivo di gestire l’attuale situazione pandemica, ma anche prevenirne di future. Il metodo è quindi quello dell’interdisciplinarità, attraverso una seria collaborazione tra varie discipline: dalla medicina umana e animale alle scienze sociali.

Infine, oltre a un dialogo proficuo tra differenti discipline, è fondamentale un confronto maggiormente costruttivo, non solo sovranazionale ma anche all’interno dei singoli Paesi.

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The Global Goals: la terza edizione del festival

The Global Goals: la terza edizione del festival

OBIETTIVI 

THE GLOBALS GOALS

17 OPERE DI STREET ART

Distribuite in 17 Comuni della Provincia di Torino, al fine di creare un nuovo percorso artistico e turistico

17 EDIFICI DA TRASFORMARE

Offrendo un volto nuovo agli spazi urbani, che si arricchiscono di simboli dell’impegno civile verso i temi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile

17 COMUNITÀ CONNESSE 

Storie, territori, legami e sinergie: un modo per connettersi per un obiettivo comune realizzato per mezzo di un linguaggio artistico condiviso

17 THE GLOBAL GOALS

È il momento di agire per il bene comune e per la vita di ogni essere vivente, rendendo i nostri sforzi l’insegnamento per le generazioni future

COSA VOGLIAMO REALIZZARE

10.000 MAPPE TASCABILI

Distribuite gratuitamente daranno la possibilità di scoprire nuovi luoghi e paesi

CAMPAGNE DI COMUNICAZIONE

Dedicate a ciascun intervento e al festival

500 UAF BOOK

Un libro tiratura speciale di tutto il progetto, realizzato grazie alla collaborazione di artisti e street artist

1 E-BOOK

Per poter distribuire gratuitamente i contenuti e messaggi del festival

UAF for Children

Interventi di rigenerazione su arredi urbani decadenti o su spazi residuali, dedicati alle bambine e ai bambini

VIDEO E SET FOTOGRAFICI

Che raccontano l’intervento, mostrano i dettagli degli interventi e i suoi protagonisti 

UAF for Children

Il progetto mira a educare e sensibilizzare bambine e bambini di età inferiore ai 12 anni alle tematiche relative a sostenibilità ambientale, riciclo e energie pulite.

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Wasp Crew – Tiro alla fune

Wasp Crew – Tiro alla fune

Autore: Carina Sabau

Wasp Crew – Tiro alla fune – Goal 13 – The Global Goals 2020.

 

Si definisce Antropocene il periodo geologico in cui all’essere umano viene attribuito il cambiamento del pianeta. 

Nell’ultimo periodo stiamo assistendo ad un “risveglio” dell’attivisimo ambientalista, in particolare tra i giovani, nato sulla scia delle “manifestazioni regolari” di Greta Thumberg, il movimento soprannominato “green generation” ha conquistato le piazze di tutto il mondo.

Il 4 dicembre 2018 Greta ha parlato alla cop24, vertice delle nazioni unite sui cambiamenti climatici, rivolgendosi ai presenti in sala ha affermato: “Non siete abbastanza maturi da dire le cose come stanno. Lasciate persino questo fardello a noi bambini.”

Intervento organizzato da AK LAB e Urban Art Field e realizzato grazie al contributo e al sostegno del Comune di Cavagnolo. Sponsor Tecnici Laboratorio Gruppo5 , Pagetto Paolo SAS – Edilizia e Ceramiche, ALG Noleggio Piattaforme Aeree

Photo e video credits : Livio Ninni

Music Credits : Logarithm

The Global Goals

Wasp Crew – Biografia

La Wasp, acronimo che deriva da “Writing and Sketching Projects”, è una crew fondata nel 2007 ed è attualmente formata da Edoardo Kucich, o Eddyone, e Gabriele Guareschi, conosciuto come Ride. L’indipendenza artistica dei due membri ha favorito lo sviluppo e la sperimentazione di nuove tecniche, a partire dal tipico binomio puppet/lettering del graffiti-writing fino al raggiungimento di un linguaggio artistico e stilistico maggiormente personale ed espressivo. Oltre alla realizzazione di murales, la Wasp crew si è immedesimata anche nella sperimentazione su tela, come si può osservare con la loro partecipazione alla mostra China goes urban tramite la creazione dell’opera “Cavallo celeste” esposta nel dicembre 2020 al Museo d’Arte Orientale di Torino. Attraverso la realizzazione di tale opera, caratterizzata da commistione di tecniche innovative, interesse nell’arte orientale e nuovi stimoli personali, i due artisti si sono ritrovati a lavorare fuori dal proprio contesto abituale sia per il luogo sia per la tecnica. 

La versatilità della Wasp Crew è dettata anche dall’esecuzione di opere riguardanti tematiche socio-politiche e psicologiche, a dimostrazione del fatto che l’arte possa essere considerata uno strumento di propaganda culturale e sociale. Dai murales incentrati sui malesseri che affliggono le società del Ventunesimo secolo, quali la frustrazione, l’incertezza e la costante preoccupazione per il futuro, la produzione artistica si è focalizzata anche su tematiche politiche come la guerra in Ucraina, rappresentata artisticamente attraverso la scritta “Crimea” con la tecnica del lettering durante una jam al Parco Dora di Torino. 

L’intento primario dei due artisti,  oltre alla comunicazione delle proprie posizioni politiche e sociali, è quello di far sorgere una nuova consapevolezza nel pubblico osservante nei confronti dei murales, e dell’arte in generale, per mezzo delle loro creazioni e dimostrare come l’arte non sia quasi mai totalmente estranea alle questioni dell’epoca contemporanea.

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UAF for Children

UAF for Children

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GOAL 6 - Acqua pulita e Igiene
GOAL 13 - Agire per il clima
GOAL 12 - Consumo e Produzione responsabile
GOAL 11 - Città e Comunità sostenibili
GOAL 7 - Energia pulita e Accessibile

UAF for Children mira a sensibilizzare bambine e bambini di età inferiore ai 12 anni alle tematiche di sostenibilità ambientale, riciclo ed energie pulite. Il progetto è inserito all’interno della terza edizione del festival Urban Art Field “The Global Goals”, interamente dedicata ai 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030.

Sensibilizzare ai temi riguardanti la sostenibilità ambientale, il riciclo e l’utilizzo di energia rinnovabile

Riqualificare aree cittadine attraverso gli interventi artistici realizzati su arredi urbani

Offrire alla cittadinanza luoghi pubblici capaci di giocare con bambini e bambine

Stimolare l’interesse dei più piccoli e delle loro famiglie sui temi degli interventi artistici

INTERVENTI REALIZZATI

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